– 1.545 d.C. – [CdV] – Nel 1545, a Ventimiglia l’insediamento abitativo veniva diviso in sestieri. Il nucleo urbano del Castello non risultava essere molto popolato, ma piuttosto sede di strutture a carattere religioso e civile. Veniva edificata l’intera Colla, dove verranno innalzati i viridari pensili, ancora oggi esistenti. Il Borgo ampliava la sua giurisdizione su gran parte del quartiere di Castello, mentre a nord di questo la nuova ripartizione urbana della Platea cresceva vertiginosamente. A Levante di questa si estendeva il Campo, comprendente la primitiva Rocchetta fortificata, mentre verso nord si sviluppava l’Oliveto, attorno alla chiesa di San Michele, fino al Murrudibò. Cinque sestieri erano dunque all’interno delle mura, ed uno, la Bastida, extra moenia. Il borgo Marina era un minuscolo agglomerato di casette attorno alla chiesetta di San Nicolò.
Eccettuati i provvedimenti per l’ordine pubblico nelle campagne e della costruzione di qualche torre per l’avvistamento contro i pirati Barbareschi, il governo genovese non dimostrava alcuna significativa attenzione per la città che in passato aveva costituito motivo di secolari contese. Lo stato di Ventimiglia in quel periodo era deprimente. Il fiume, deviato dall’incuria, non passava più sotto le mura, producendo terreni insalubri, mentre il ponte di legno che traversava la Roia era guasto. Case in rovina impedivano il transito per le strade. Il terremoto, oltre a numerose case aveva provocato gravi danni alla chiesa di san Michele, che perse totalmente la navata nord, oltre a quella sud inagibile. La popolazione era ridotta a soli seicento fuochi, tanti quanti i seicento de La Briga e di Pigna, il Comune più popoloso della Val Nervia, e Taggia per la Valle Argentina, e non molti più di Tenda che ne contava cinquecento e Sospello coi suoi settecento, mentre Triora ne contava millecento; Ceriana quattrocentosettanta, Apricale e Castelfranco trecento, Dolceacqua duecento, mentre La Penna, Isolabona, Bordighera e Monaco ne contavano appena cento; Breglio e Perinaldo duecentocinquanta, come Saorgio. La ripresa non fu immediata, ma l’avvento della Controriforma e l’inserimento della nobiltà locale nell’orbita genovese, portarono al risveglio dell’attività edilizia ed architettonica. Drammatici i problemi derivanti dal brigantaggio diffuso nelle campagne, dalla minaccia piratesca sempre incombente e dalle crescenti pressioni sabaude sul territorio.